La riflessione della settimana / Li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio

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La riflessione pubblicata domenica scorsa ci ha detto che con l’Ascensione “è venuto meno un certo tipo di presenza del Signore. Ma se ne sono prodotti infiniti altri. Non c’è più un volto «unico», una presenza «localizzata», circoscritta in un punto preciso di questa terra, ma ci sono tanti volti che incarnano la sua presenza e lo rendono visibile”. Rivivendo attraverso il memoriale della Liturgia il giorno di Pentecoste, veniamo nuovamente battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo; come ci assicura San Paolo, a ciascuno di noi è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune. Lo Spirito Santo ci costituisce così membra del nuovo corpo attraverso il quale il Risorto sceglie, in modo tutto particolare, di rimanere presente e di agire nella storia dell’umanità. I nostri volti sono quell’insieme di volti che rendono visibile il Cristo, qui e ora. Questa e non altro è la Chiesa; questi e non altri dobbiamo essere noi, Chiesa particolare del Quartiere Piave di Mestre. Ma quale deve essere la nostra linea di azione?

Il brano evangelico ci riporta nel Cenacolo la sera della Domenica di Pasqua. Gesù appare e, prima di ogni cosa, dona la sua pace. Infonde poi lo Spirito Santo e ri-crea quel piccolo nucleo impaurito e imperfetto, che invia nel mondo a continuare l’opera per cui Lui stesso è stato inviato dal Padre. Il compito che affida alla Chiesa è quello di essere segno di riconciliazione e di carità. Il “perdono dei peccati” non è un potere dato a pochi, ma una responsabilità data a tutti. Essere segno di perdono, di misericordia, esprimere il linguaggio della carità è un compito che la Chiesa intera deve portare avanti nel mondo che, allora come adesso, si manifesta privo di misericordia e pieno di ingiustizie, ma affamato di amore e di pace. Tutti dobbiamo contribuire a incarnare questo segno, anche se con modalità diverse, a seconda della nostra vocazione. Quindi il sacerdote amministra sacramentalmente il perdono e lo annuncia dal pulpito, ma tutti noi battezzati siamo chiamati ad amare in modo misericordioso, così che nessuno si senta lontano da Dio e dalla sua pace.

Nel nostro quartiere vivono oggi diverse etnie, forse più dei popoli presenti a Gerusalemme secondo il brano degli Atti degli Apostoli che ci narra la prima Pentecoste. Lo Spirito Santo dona non solo il coraggio di uscire allo scoperto, ma anche e soprattutto un linguaggio universale e sapiente, capace di entrare in sintonia con l’interlocutore, di annunciare in modo chiaro ed immediato le grandi opere di Dio. Ecco qual è il nostro essere Chiesa: annunciare le opere di Dio, tramite il linguaggio divino della carità. Preghiamo perché il fuoco dello Spirito che oggi riceviamo non si estingua, ma alimenti in noi, in tutte le situazioni e con ogni interlocutore, il linguaggio della carità. I nostri volti, con la loro umanità ri-creata dallo Spirito Santo, manifesteranno allora tutti insieme il Volto divino del Risorto.

Paolo M.

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