“Se uno mi ama osserverà il mio comando…” E’ questa l’unica legge che Gesù ha lasciato ai suoi: amare e lasciarsi amare. E oggi, giorno dell’invio del dono dello Spirito, ci ripete l’invito a non dimenticare le sue parole, a ritornare ancora a quanto abbiamo udito, ascoltato, sperimentato, a tener sempre presente e vivo il suo desiderio più grande, il suo comandamento. È questo il solo modo per consentire a Lui e al Padre di “metter su casa” in noi, come fanno due persone innamorate che vogliono condividere tutto: le gioie e le fatiche, il riposo e il lavoro, le lacrime e i sorrisi, i sogni e i desideri, le delusioni e le speranze. Quante volte abbiamo sentito le sue rassicuranti parole di consolazione a cui ci siamo aggrappati, parole di amore che ci hanno insegnato ad amare: parole che rischiamo di dimenticare, di lasciar cadere nel passato e che non ci parlano più. Per questo ci assicura che non ci ha lasciato soli, è sempre accanto a noi, ma in modo diverso, inaspettato; come ultimo segno del suo grande amore per l’uomo, dalla croce ci ha lasciato un grande dono: “emise, donò lo Spirito”.
L’ha donato ai suoi, a noi, come una presenza, un Maestro che continua a ripetere, sollecita a ricordare, e fa rivivere parole che abbiamo chiuso in un cassetto, per dimenticanza, per pigrizia, a volte per paura; parole dimenticate che dicono l’amore in tutte le varie sfaccettature: perdono, disponibilità, comunione, salvezza, corresponsabilità, pace, risurrezione. Per questo, oggi, giorno di Pentecoste, come ogni giorno nella nostra vita, lo Spirito di Dio, torna a ripetercele per farle ritornare vive, per insegnarci a come viverle, come un Maestro interiore che a noi, scolari di questi tempi, non dice cose nuove, ma ci aiuta a scoprirne ogni giorno di più il significato e la strada per farle diventare realtà vissuta nell’oggi così povero di gioia, di pace, di speranza, di amore.
Franca Z.