LA RIFLESSIONE DELLA SETTIMANA / La preghiera del povero attraversa le nubi, né si quieta finché non sia arrivata

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Così inizia la prima lettura di oggi; nella parabola evangelica Gesù contrappone appunto due tipi di preghiera, una che arriva in cielo e l’altra no. Il pubblicano è un delinquente, eppure la sua preghiera è ascoltata e lo giustifica, cioè lo rende giusto agli occhi di Dio. Il fariseo è una bravissima persona, un uomo di preghiera, onesto, giusto, fedele, digiunatore …. Ma la sua preghiera è sterile ed inefficace. Qual è la differenza tra il pubblicano e il fariseo? Il Vangelo, come domenica scorsa, ci parla della preghiera e il nocciolo della questione è proprio qui: il pubblicano prega, il fariseo … non proprio. Se inizia col giusto tono della lode e del ringraziamento (“O Dio, ti ringrazio”), ben presto- in piedi e impettito – il fariseo commette un errore che invece non fa il pubblicano, il quale – con gli occhi bassi e a distanza -si mette con sincerità al cospetto del Signore e valuta il suo agire e il suo essere alla luce di Dio, traendone l’inevitabile conseguenza: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.

Il pubblicano si misura con la santità di Dio: è solo un uomo, povero e imperfetto, che cerca in Dio la sua pienezza, la sua salvezza. Il fariseo, invece, si misura con gli altri uomini: la preghiera è solo un pretesto per elencare con orgoglio i suoi primati e la sua superiorità su “questo pubblicano” (tanto per cominciare). Non ha bisogno di Dio, perché si sente già giusto e salvo, grazie alle sue opere. E noi? Se ci piace pensare bene di noi stessi, troveremo sempre qualcuno peggio di noi: operando così, però,non cresceremo mai in santità e rimarremo “non giustificati”, anchilosati nella nostra umanità più o meno mediocre. Ma se ci mettiamo con sincerità al cospetto del Cristo crocifisso e risorto, non possiamo raccontarci di essere perfetti in quello che siamo e per come ci comportiamo. Al cospetto del Signore possiamo solo riscoprire la nostra povertà e iniziare a pregare con umiltà, riconoscendo nella verità di avere tanto da farci perdonare. E il nostro essere sarà,un po’ per volta, giustificato dalla grazia del Padre.

Paolo M.

P.S.: quello del pubblicano è soprattutto un atteggiamento dell’animo. Quando ci riuniamo in chiesa come comunità, specie quando non siamo in tanti, andiamo pure “davanti”, per pregare insieme e vicini. Anche la comunità cristiana come tale ha tanto da farsi perdonare per essere giustificata ed è cosa buona e giusta pregare insieme gli uni per gli altri. 

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